E' fresca di stampa la circolare INPS n. 122 di ieri appunto, 27 dicembre 2018, circa i criteri e le modalità applicative della rivalutazione delle pensioni e delle prestazioni assistenziali per l’anno 2019. Pensioni che sono state poste in riscossione nel prossimo gennaio con la rivalutazione a suo tempo pattuita e stabilita.

Ma il Governo ora avrebbe intenzione di limitare gli aumenti spettanti e quindi chiederne la restituzione con una delle rate successive.

Gli importi che troveremo in pagamento in gennaio, di cui ognuno può da subito prendere visione nel sito dell'INPS, sono stati calcolati secondo "il valore della variazione percentuale, salvo conguaglio, per il calcolo dell’aumento di perequazione delle pensioni spettante per l’anno 2018" a norma del decreto 16 novembre 2018 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 275 del 26 novembre 2018. Ne abbiamo già parlato in "Perequazione delle pensioni per il 2019".

La novità è che il maxiemendamento alla legge di bilancio 2019 presentato al Senato alle ore 16 e approvato alle ore 23 di domenica 23 dicembre stravolge la norma e la riporta alle modalità in vigore temporaneamente per gli anni 2013-2018. Il testo approvato, per ora solo dal Senato, reintroduce l'applicazione della perequazione per fasce e non per scaglioni e ne riduce l'ammontare sino al 40%.

Di fronte a questa nuova situazione, CGIL CISL e UIL sono immediatamente intervenuti chiedendo il rispetto degli accordi e indicendo dei presidi dinnanzi alle Prefetture delle città italiane.

Anche a Udine, oggi dalle ore 10 alle ore 12, i Pensionati delle tre Sigle Sindacali si sono ritrovati sotto il Palazzo del Governo per manifestare il loro malcontento e hanno chiesto ed ottenuto di illustrare e consegnare al Signor Prefetto il documento di protesta che di seguito si trascrive.

 

Ci risiamo. Per uscire dall’impasse in cui era piombata la trattativa con la commissione Ue il governo ha rispolverato un classico: fare cassa con la pensioni.

Anche la soluzione tecnica è un classico: il taglio dell’indicizzazione degli assegni.

A salvarsi saranno solo quelli inferiori a 1.521 euro lordi (tre volte il minimo), poco più di 1.000 euro netti.
E questo per i prossimi 3 anni, dopo aver contribuito a tenere in equilibrio i conti pubblici ed i bilanci delle famiglie in questi lunghi ultimi 7 anni di profonda crisi economica caduta in maniera drammatica sul lavoro e sui lavoratori.

Il recupero del potere d’acquisto figura nella piattaforma elaborata da Cgil Cisl e Uil.
Non è questa la risposta che ci aspettavamo dal Governo.

Siamo pronti a promuovere tutte le forme di mobilitazione e di lotta.

Il fatto che il taglio sia modulato su sei fasce non attenua la gravità dell’intervento sulle pensioni perché ad essere sbagliato è il metodo, lo stesso metodo seguito in passato: la risposta del Governo del Cambiamento si omologa alle prassi degli ultimi Governi: colpire e fare cassa con i pensionati ancora una volta e non agire in modo forte e determinato, ad esempio, contro l'evasione fiscale.

Si tratta di un meccanismo profondamente sbagliato perché colpisce per intero il complesso dei trattamenti pensionistici e non procede in modo progressivo. Invece da anni stiamo chiedendo con forza che venga finalmente riconosciuto ai trattamenti pensionistici un meccanismo di rivalutazione che effettivamente risponda ai bisogni di milioni di pensionati e di pensionate e che permetta davvero di non far perdere il potere di acquisto delle pensioni, come di fatto oggi accade.

Il governo vuole far cassa con i pensionati andando a rimettere le mani sul sistema di rivalutazione penalizzando così milioni di persone.

I risparmi derivanti da questa misura sarebbero intorno ai 1,7 miliardi entro il 2021 (200 milioni l’anno prossimo, 600 nel 2020, 900 nel 2021). L'obiettivo è recuperare risorse per finanziare il pacchetto sulla quota 100 e rispettare i vincoli dell'Unione Europea evitando la procedura di infrazione.
Vale ricordare che senza la modifica all'esame da gennaio sarebbe tornata una indicizzazione comunque insufficiente per il recupero del potere d’acquisto, per assorbire il vulnus dei blocchi delle perequazione precedenti attuando di fatto quel danno permanente che la corte costituzionale ha già voluto escludere.
E’ un atto di imperio insopportabile e profondamente ingiusto, nonché un clamoroso passo indietro rispetto agli impegni assunti dal precedente governo che aveva stabilito il ritorno dal 1 gennaio 2019 ad un meccanismo di rivalutazione che fosse in grado di tutelare il potere d'acquisto dei pensionati italiani.
Quello che si profila non è altro che l'ennesimo furto alle pensioni medio-basse. Già altri governi in questi anni hanno seguito questa strada. Non vediamo pertanto quel tanto sbandierato cambiamento ma il reiterarsi di decisioni sbagliate e punitive verso una fascia di popolazione che avrebbe piuttosto bisogno di essere aiutata e sostenuta.
Noi non staremo di certo fermi a guardare, ma continueremo la mobilitazione da oggi ci faremo sentire sempre più forte, non abbiamo perso l’abitudine alla lotta, anzi ci farà sentire più vivi.
Udine, 28 dicembre 2018